Le Costellazioni non sono per Tutti

Uno degli aspetti fondamentali per chi si avvicina a un percorso, a un metodo, a una tecnica è che non è detto che queste vadano bene per tutti, anzi. Esattamente come ci si approccia a un’attività, a uno sport, a un lavoro ognuno di noi ha delle esperienze, dei talenti, delle sensibilità e delle predisposizioni che gli permettono di vivere in modo unico ogni aspetto della vita, così quando ci si avvicina a un percorso di crescita è importante ascoltare il proprio sentire e valutare la possibilità di intraprenderlo. Personalmente ho sempre dato una grande importanza alla mia curiosità, all’ispirazione e alla sperimentazione.

Oggi condivido un articolo scritto dal mio primo insegnante di costellazioni Giacomo Bo della scuola “Ricerche di Vita” che parla proprio di questo delicato tema

LE COSTELLAZIONI NON SONO PER TUTTI 

“Durante un incontro dal vivo una persona mi ha detto che parlando con una terapeuta che lavora con casi molto gravi, questa ha espresso il parere che le costellazioni difficilmente possono essere usate in questi contesti, oltre al fatto che raramente ha trovato costellatori in grado di stare di fronte alla drammaticità dei suoi pazienti.

Vediamo la prima osservazione: le costellazioni non sono per tutti. Concordo.

Ciò che le rende diverse dalla maggior parte degli altri metodi è il loro essere estremamente dirette. In pochi minuti fanno emergere l’essenziale, la verità nascosta e terribile che nessuno vuole vedere, e a noi tocca confrontarci con essa.

Sono un metodo molto diretto e molto diverso da altre terapie che si avvicinano a queste verità con percorsi lunghi mesi se non anni. Questo ha un ‘ma’: per stare di fronte alla verità in modo così diretto occorre una struttura psicofisica sana e sufficientemente integra, altrimenti va in briciole.

Faccio un esempio tra tanti: un uomo vuole vedere come mai la sua relazione di coppia è finita. In un attimo i due rappresentanti guardano per terra – è un bambino che hanno perduto. Ci va veramente un attimo perchè questo accada. L’uomo scoppia a piangere; anche se non sapeva nulla di questo, la sua anima ‘riconosce’ e si lascia andare ad esprimere tutto il dolore per la perdita. Serve una struttura psicofisica sufficientemente forte per reggere l’onda d’urto che si sviluppa in un istante e ci prende in pieno. Ecco che l’osservazione della terapeuta in merito ai suoi pazienti gravi è corretta; c’è il rischio che non reggano e che reagiscano aggravando le loro patologie invece che guarirle.

COSTELLATORI PER PAZIENTI GRAVI

Veniamo ora alla seconda osservazione: lei non trova costellatori che riescano a condurre costellazioni con i suoi pazienti. Vero anche questo.

La mia esperienza è stata una continua formazione al dolore e alla sofferenza umana. Nella misura in cui lo reggo, ci sto di fronte, posso accompagnare l’altro dentro il proprio inferno. Dove non sono in grado – perchè probabilmente quella stessa sofferenza non l’ho risolta in me – mi fermo e rimango sulla superficie della costellazione.

photo by Adam Wilson on unsplash

Nel corso degli anni ho visto come più integravo sofferenza in me, più le ‘mie’ costellazioni si ampliavano in profondità, più le persone si sentivano sicure nel mio accompagnarle, e si affidavano maggiormente. E’ proprio una questione di sofferenza umana. Quando una donna piange per un bambino perso, ciò è straziante e occorre lasciarsi attraversare da questo dolore immenso. Istintivamente siamo programmati per evitare quel dolore, per allontanarlo, ed è proprio nel non seguire questo programma che possiamo darci una possibilità di guarigione, sia a noi che al nostro cliente.

REGGERE E ACCOGLIERE LA SOFFERENZA

Quindi, come costellatore che matura la propria sofferenza, osservo che negli anni sono venuti da me casi sempre più difficili e drammatici, e

confermo che per costellare persone gravi occorre aver attraversato il proprio inferno, perchè più una persona è malata mentalmente, più sofferenza c’è in lei.

Non vorrei essere frainteso quando dico che le costellazioni non sono per tutti.

Non è una questione di preferenze, di abilità, di valore o di intelligenza, ma di capacità di sostenere l’enorme sofferenza che abbiamo dentro.

Più volte ho dovuto consigliare metodi più morbidi e delicati. Altre volte invece ho fatto con la persona un meraviglioso percorso di guarigione attraversando mari di sofferenza umana straziante.

Ho imparato tanto in questi anni, e ancora imparo da ogni costellazione. Sono grato alla Vita per questa meravigliosa opportunità che mi ha dato di poter crescere e maturare con gli altri. Non penso ci sia una fine a questo percorso. Finchè continuerò a commuovermi di fronte ad una costellazione sento che sono vivo e che sto imparando.”

Giacomo Bo

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